Esami ormonali: quali sono?

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Nello studio della paziente che ricerca una gravidanza o che deve sottoporsi a metodiche di riproduzione assistita è fondamentale la valutazione ormonale. Tale valutazione consente di acquisire informazioni basilari su eventuali patologie o disfunzioni.
Si tratta di un semplicissimo prelievo di sangue, ma consentirà ai medici di ottenere informazioni sulla riserva ovarica della paziente, in modo da decidere il trattamento terapeutico più adatto e inoltre consentirà di predire, almeno in parte, la capacità della paziente di rispondere alla stimolazione proposta.

Quando si devono fare gli esami ormonali?

Per questo tipo di esami bisogna sottoporsi al prelievo in un preciso arco temporale, all’inizio del ciclo mestruale, tra il secondo e il quarto giorno della mestruazione.

Quali sono gli esami da fare per controllare gli ormoni?

Si prendono in esame gli ormoni FSH, LH, Estradiolo, Prolattina, progesterone e AMH. Quest’ultimo ha il vantaggio di poter essere analizzato in qualsiasi giorno del ciclo. Importante è anche la valutazione degli ormoni tiroidei TSH, FT3 e FT4.
Sebbene tutti i casi richiedano uno studio personalizzato, la comunità medica ritiene che i livelli normali all’inizio del ciclo in una donna fertile corrispondano ai seguenti valori:
FSH: inferiore a 10 Unità Internazionali
?LH: inferiore a 10
UI?Estradiolo: inferiore a 80 picogrammi per millilitro?
Progesterone: inferiore a 1 nanogrammo per millilitro (prima dell’ovulazione)?superiore a 1 e anche a 3 nanogrammi per millilitro (dopo l’ovulazione)?
AMH: superiore a 2 nanogrammi per millilitro

Se gli esami mostrano uno squilibrio, questo può indicare l’esistenza di qualche disfunzione che sta interferendo con il concepimento. Ad esempio, un livello basso dell’ormone AMH insieme con un livello alto di FSH indicano che la donna ha una scarsa riserva ovarica.

Come riequilibrare gli ormoni?

Non bisogna però ossessionarsi con questi valori, gli specialisti dovranno interpretare i risultati di questi esami in relazione a tutta la storia clinica della coppia e ai risultati di altri esami.
Eventuali disfunzioni endocrinologiche sono associate spesso ad infertilità maschile e/o infertilità femminile, perché i processi di formazione e maturazione degli spermatozoi e delle cellule uovo, così come le variazioni ovariche ed uterine sono sotto l’effetto diretto di un sistema di regolazione ormonale che percorre l’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi. Ogni ormone esercita un ruolo unico ed insostituibile nel perfetto ingranaggio procreativo.
È possibile che nel corso della terapia sia richiesto un ulteriore dosaggio degli stessi ormoni, a determinati intervalli, così da verificare e controllare l’andamento della terapia stessa.

Quali sono gli esami ormonali femminili?

Conosciamo più da vicino questi ormoni:
Ormone follicolo-stimolante (FSH). Livelli di tale ormone < 10 mUI/ml indicano la presenza di un’adeguata riserva ovarica. Il valore soglia dell'FSH basale, al di là del quale le probabilità di ottenere una gravidanza si riducono significativamente, è indicato intorno a 20 mUI/ml; al di sopra di 25 mUI/ml non vengono in genere registrate gravidanze. I valori ottimali di FSH basale sono comunque inferiori a 15 mUI/ml.
Ormone luteinizzante (LH). I livelli fisiologici di tale ormone nella fase follicolare precoce del ciclo sono inferiori a 10 mUI/ml. In realtà il livello basale dell’LH risulta importante se valutato in rapporto all’FSH: un rapporto LH/FSH >3 si associa in genere ad una sindrome dell’ovaio policistico.
Livelli plasmatici adeguati di tale ormone sono compresi tra 10-25 ng/ml; elevate concentrazioni basali della prolattina si associano frequentemente ad una condizione anovulatoria e richiedono comunque ulteriori approfondimenti per escludere la presenza di patologie organiche.
Le concentrazioni plasmatiche di estradiolo riflettono l’attività di biosintesi ovarica; livelli basali < 20 pg/ml riflettono una scarsa attività ovarica . Livelli di E2 al 3° giorno del ciclo >60 pg/ml si accompagnano di contro ad un ridotto recupero ovocitario in caso di stimolazione ovarica e ad un basso tasso di gravidanza.
Ormone antimulleriano (AMH). Nella donna, i livelli di AMH sono indosabili in menopausa e dopo asportazione delle ovaie, e quasi indosabili alla nascita. Crescono dopo la pubertà, quindi si stabilizzano in età adulta, poi iniziano a decrescere in funzione della riduzione della riserva ovarica. Per tale motivo il dosaggio sierico dell’AMH è stato proposto come test di riserva ovarica: il suo decrescere a livelli minimali si potrebbe correlare ad un ridotto numero di follicoli ovarici, mentre un suo abnorme aumento si correla ad un eccesso di follicoli a stadio maturativo precocissimo, come nella PCOS. A differenza di altri test di riserva ovarica, come l’FSH e l’estradiolo, che devono essere dosati nei primissimi giorni del ciclo, l’AMH rimane costante durante tutte le fasi del ciclo mestruale, ed in gravidanza, potendosi pertanto misurare in qualunque momento.
Livelli di testosterone >0,6-0,8 ng/ml configurano una condizione di iperandrogenismo sulla cui origine è corretto indagare, anche in relazione alla sua possibile influenza su una regolare ovulazione.
Ormoni tiroidei (T3, T4, TSH). Alterazioni in eccesso o in difetto di tali ormoni si associano spesso a disordini dell’ovulazione.
Durante la fase luteale media (21° giorno) del ciclo deve essere effettuato un dosaggio plasmatico del progesterone; concentrazioni >10 ng/ml indicano l’avvenuta ovulazione e riflettono un’adeguata attività del corpo luteo.


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